Il caccia imbarcato “Zero” è stata l’icona della potenza aerea giapponese. Prodotto in oltre 10.000 esemplari, l’aereo lasciò le linee di produzione a cominciare dal marzo del 1939 fino all’agosto del ’45. Lo Zero si rivelò fin dall’inizio del conflitto una macchina quasi invincibile contro i primi aerei alleati (Buffalo, Wildcat). Lo Zero dominò incontrastato i cieli dell’estremo Oriente e del Pacifico fino al 1943, fino a quando cioè non comparvero nuovi temibili avversari come l’Hellcat e il Corsair. A questo si aggiunse la superiorità aerea e la crescente perdita dei piloti esperti del Sol Levante. Il controllo dei cieli passò così in mano alleata, ma lo Zero fu sempre presente fino ad incarnare il ruolo del moderno Samurai, i “Kamikaze” (vento divino) e con questo atto sacrificale conclusivo entrò per sempre nella leggenda dell’aviazione.
Nonostante l’età, il kit Tamiya del caccia giapponese rappresenta una buona base di partenza per la realizzazione di un modello corretto nelle linee e nelle forme. Il dettaglio esterno è per lo più in negativo ed in positivo solo per alcuni particolari (cofano motore, piani di coda e alcune zone alari).
Per prima cosa ho iniziato a modificare la superficie esterna dell’aereo. Osservando con attenzione le foto d’epoca, si nota che lo Zero presentava numerose deformazioni della lamiera di rivestimento, deformazioni dovute certamente alle sollecitazioni di volo durante il periodo operativo e altre invece peculiari della produzione. La tecnica per riprodurre questi effetti è molto semplice. Occorrono: un taglierino affilato (preferisco i bisturi per il restauro), della carta abrasiva di diversa grana (600, 800 e 1000), numerose foto (che per il soggetto in questione non è difficile reperire) e soprattutto un po’ di pazienza. In genere, gli avvallamenti tipici del rivestimento erano causati dalla punzonatura, per cui occorre “scolpire” dove sono presenti i rivetti. Per prima cosa traccio una linea nel punto attraversato dai rivetti, usando come riga della carta gommata sovrapposta e tagliata in piccole strisce. Poi con il bisturi incido delicatamente approfondendo il solco al centro della linea per poi livellare dolcemente verso i margini laterali della stessa. Per non lasciare rigature carteggio la zona con carta abrasiva 800 e poi 1000 per una finitura migliore. I vari pezzi del kit così modificati sono stati rivettati usando una fresa da 0,3 mm. Per questa fase ho fatto riferimento ai disegni del libro fotografico dedicato allo Zero della collana “Aero Details”.
Motore
Il propulsore (Nakajima NK1C per la versione A6M2) è stato dettagliato solo dei cavetti delle candele. Sia l’ogiva che il cofano motore hanno subito lo stesso trattamento di deformazione illustrato sopra, dato che questi erano certo i componenti più soggetti allo smontaggio per consentire l’ispezione e la manutenzione del motore. Con plasticard sono stati inoltre riprodotti i vari flabelli del cofano motore. L’ogiva è stata dipinta in nero opaco così come il cofano motore: quest’ultimo è stato leggermente scalfito facendo riaffiorare il metallo naturale dato in precedenza. Le pale dell’elica erano in metallo naturale davanti e nero opaco dietro.
Carrelli
Quelli dello Zero portavano il condotto idraulico dei freni disposti all’interno, tra il gambo e il portello di copertura (Foto). Con una punta sottile da 0,3 mm sono stati forati gli appoggi del portello e lasciato correre al suo interno un filo di rame. Una volta dipinti i gambi dei carrelli, sono stati incollati i portelli laterali. I pneumatici sono stati colorati in nero semilucido e trattati con varie tonalità di grigio, mentre i cerchioni sono stati dipinti in metallo naturale opaco e subito un lavaggio di colore acrilico con diverse tonalità di terre.
Abitacolo
Mi sono servito del set della “Verlinden” per dettagliare l’abitacolo. Dopo essere state adattate alla fusoliera, ho incollato le consolle laterali e aggiunto qualche tubatura. La “Verlinden” fornisce il seggiolino del pilota in lastra fotoincisa, per questo occorre piegare il pezzo come indicato dal foglio delle istruzioni. Le cinture di sicurezza sono state create facendo uso di una sottile lamina di piombo; una volta dipinta, la strisciolina può essere piegata conformandosi in modo realistico sul fondo del seggiolino. Le fibbie invece sono state riprodotte con filo di rame sagomato e schiacciato. L’interno è stato dipinto in un grigio verde, come risulta dalle istruzioni e da numerose foto. Con il verde interno schiarito prima e un giallo crema dopo, ho ritoccato con piccoli tocchi di “drybrushes” gli interni e, con i gli acrilici, Lefranc e Bourgues, ho fatto alcuni lavaggi conferendo al tutto un po’ di luce e profondità ai particolari. Per i dettagli interni che di solito restano al buio, preferisco usare i colori acrilici perchè quelli da olio opacizzano troppo e riflettono poco la già scarsa luce. Il cupolino scorrevole all’indietro è stato dettagliato con una piccola maniglia fatta con filo di rame posto sul lato sinistro del pilota.
Montaggio.
Questa fase non ha richiesto grandi abilità, data la dimensione contenuta del soggetto e il numero davvero esiguo dei pezzi da assemblare. È servito solo qualche lavoro di raccordo e stuccatura per i piani di coda e la zona d’unione delle ali con la fusoliera, nelle cui fessure è stato aggiunto del cianoacrilato come stucco. A diverse ore dalla sua essiccazione ho provveduto a carteggiare e lisciare. Poi ho reinciso i dettagli dei pannelli e forato i rivetti che erano scomparsi durante la fase di lavoro.
Colorazione
La scatola consente di riprodurre un modello un po’ diverso dal solito Zero tutto grigio o verde. Ho trovato un bel profilo dello stesso soggetto anche all’interno di un interessante libro fotografico a colori su aerei della II GM (WWII Pacific War Eagles – China/Pacific Aerial Conflict in Original Color). Stando alle informazioni del profilo, l’aereo, un modello 21 A6M2b (Reisen) apparteneva al comandante del 261° Gruppo Aereo Navale. La mimetica era stata modificata perché i caccia non operavano più dalle portaerei (ne rimanevano poche!) bensì da basi terrestri. Il nostro soggetto era mimetizzato con due tipi di verde. Con l’aerografo ho verniciato il modello usando il 149 Humbrol per il verde scuro e un colore Molak (sigla1102-M) per quello chiaro. Dopo aver mascherato la fusoliera ho dipinto le varie fasce (una gialla e una bianca in fusoliera, una fascia bianca sotto le ali e il tipico bordo d’entrata dell’ala in giallo). Dato che le insegne di nazionalità erano di facile riproduzione (un cerchio bianco e uno rosso al suo interno) ho pensato che sarebbe stato più realistico riprodurle dipingendole; con della carta adesiva ho ritagliato le sei Hinomaru, per cui, con un rosso leggermente schiarito le ho dipinte con un pennello piatto a setole morbide. Per questa operazione è necessario tirare molto il colore dal pennello, per evitare che una dose eccessiva si accumuli e penetri al di sotto della mascheratura. Prima di stendere le decals (per i codici e gli stencils ho usato quelli della scatola), ho lucidato il modello con il mio solito trasparente, quello della Superscale. Per concludere, ho applicato una nuova mano di vernice trasparente lucida per far sparire il piccolo spessore delle decalcomanie.
Finitura
Anche volendo fare un modellino cosiddetto di “fabbrica”, a mio giudizio questo conserva tutta la sua apparenza di giocattolo. Questo perché la vernice “nuova” non riesce da sola a dare profondità e luce ad un soggetto come l’aereo che è di per sè un soggetto già levigato e assai povero di particolari in rilievo. Si aggiunga a questo che la finitura opaca o satinata assorbe completamente la luce oscurandone i dettagli. In questo modo il modello spesso diventa una riproduzione tediosa e ripetitiva, senza caratterizzazione. Certo una questione di gusto e libertà di scelta rappresentativa, ma ciò non toglie nulla al fatto che il nostro modellino è lontano dall’avvicinarsi all’aereo appena sfornato da una catena di montaggio. Cosa ancora diversa è riprodurre un aereo operativo che generalmente viene affrontato a colpi di pennello asciutto e lavaggi di terra d’ombra naturale, trascurando il fatto che la mimetica base cambiava colore e se in partenza l’aereo era opaco, questo diventava gessoso per la esposizioni ai fattori ambientali.
La bontà della realizzazione si gioca così tutta sull’uso dei colori e sulla loro variazione. Consiglio di guardare, o meglio, osservare attentamente le foto, che non siano di propaganda se si opta per un velivolo operativo, cercando di scoprire l’architettura intima del mutamento dei colori.
É arcinoto che lo Zero rappresenta il mezzo bellico volante rovinato per eccellenza. É raro trovare questo caccia senza scrostature, le vernici nipponiche saltavano facilmente rivelando il metallo sottostante. Ma la vernice che restava era comunque soggetta ad agenti che ne cambiavano l’aspetto. Con la tecnica del lavaggio ho cercato di invecchiare il colore rompendo in primo luogo la dominanza cromatica dei verdi, applicando piccole dosi di pigmento in maniera casuale, senza badare troppo né dove, né quale colore (ho usato rosso, giallo e blu).
Successivamente si insiste sulle parti che generalmente erano più soggette al logorio e degrado (il dorso della fusoliera, i piani di coda, il bordo d’attacco alare). La zona motore e quella vicino all’abitacolo erano generalmente più scure.
Con un cutter ho scrostato la vernice per rovinare maggiormente la mimetica. Quando il risultato mi sembrava raggiunto sono passato alla fase successiva delle trasudazioni. Dopo aver scurito il colore originale ho applicato lo stesso con un piccolo pennello a punta e uno piatto per sfumare in alcune zone precise; sopra le ali, vicino al cofano motore, sulla parte inferiore delle ali .
A questo punto ho montato i carrelli, le antenne e le varie parti minute portando a termine il modello.
Bibliografia
Aero Detail n.7: A6M Zero
Squadron/Signal Publications A6M Zero in Action
Zero – Combact & Development – Motorbooks International
Camouflage and marking of the imperial Japanese navy fighter in WWII
Type Zero Carrier Fighter – Burin Do
Riviste varie |
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